mercoledì 21 maggio 2008

Il primo mese di regno

IL CASO Dal nuovo caso Calderoli all'incidente diplomatico con Madrid: l'Italia e i suoi nuovi fronti di crisi

Libia, Afghanistan, Romania, Spagna... Silvio IV, un mese vissuto pericolosamente


di Umberto De Giovannangeli  / Roma


Libano. Libia. Afghanistan. E an­cora: Romania. Spagna, passan­do per Schengen... Gaffes a ripe­tizione. Uscite «muscolari» subi­to seguite da imbarazzanti die­trofront. Crisi diplomatiche evi­tate in extremis. Ministri che cal­zano l'elmetto salvo poi ritirarsi in buon ordine in «fureria», Il ti­tolare della Farnesina che. dalle Ande è costretto a mettere una pezza ad una velenosa polemi­ca fra Madrid e Roma. E sullo sfondo, alcuni tra i più autorevo­li quotidiani o settimanali inter­nazionali che raccontano, tra il preoccupato e l'indignato, di campi Rom dati alle fiamme e di un governo che «alimenta pulsioni razziste e xenofobe». Un vero record. Un triste re­cord. In poche settimane, la nuova maggioranza di centro­destra e il governo di cui è espres­sione sono riusciti a incrinare l'immagine dell'Italia sullo sce­nario internazionale.

Libano

Ritirarsi dalla missione Unifil (Antonio Martino). Neanche per idea: si resta (Franco Frattini)... Sì, però dovremmo contra­stare frontalmente i terroristi di Hezbollah (Fiamma Nirenstein). Un attimo: Hezbollah è un partito politico presente in Parlamento (ancora Frattini). Sul Libano «abbiamo votato la missione, ma non eravamo d'ac­cordo sulle regole d'ingaggio che cambieremo se avremo re­sponsabilità di governo»: Silvio Berlusconi in campagna eletto­rale. «Parlare di regole d'ingag­gio da modificare quindi è inuti­le e può essere anche dannoso perché può indurre Hezbollah ad una maggiore tensione sen­za giustificazione ed accrescere il pericolo. Quindi non cambie­remo le regole d'ingaggio», Ignazio La Russa, neo ministro della Difesa. Il caos continua...».


Libia

L'eventualità, poi divenuta real­tà, della nomina del leghista Ro­berto Calderoli a ministro po­trebbe avere «ripercussioni catastrofiche nelle relazioni tra l'Ita­lia e la Libia»: così il figlio del lea­der libico Muammar Gheddafi, Saif El Isiam. Il mondo politico italiano è compatto nel rigetta­re questa indebita intrusione ne­gli affari interni del nostro Pae­se. Ma il Cavaliere si rende conto che tra il Libano, il caso-Calderoli, si rischia una frattura con i Pa­esi arabi. E corre ai ripari. Cerca di convincere Umberto Bossi a recedere da inserire Calderoli nella squadra di governo. Inutil­mente. Calderoli chiede scusa al­la Libia: non rimetterei più la maglietta «anti-islamica»... Pole­mica chiusa? Manco per idea. L'attività diplomatica per ricuci­re i rapporti tra Roma e Tripoli ri­schia di essere rimessa in discus­sione da Bossi che, alla doman­da dei giornalisti sui libici che non avrebbero collaborato con l'Italia sull'immigrazione, ri­sponde tuonando: «Sono loro che li mandano», ma «bisogna rimandarli indietro quando li ve­di con il satellite». Aggiungen­do poi che «la lingua di Ghedda­fi è sempre stata lunga»....


Afghanistan

In campagna elettorale diversi esponenti del centrodestra ave­vano denunciato l'«imboscamento» dei nostri soldati impe­gnati nella missione Isaf voluto dal governo di centrosinistra. L'ex titolare della Farnesina, Massimo D'Alema, veniva di­pinto come un filo-talebano. Sulla scena irrompe Ignazio La Russa. Il neo ministro della Difesa prima afferma di non avere preconcetti anche a «una mis­sione di guerra», salvo poi ritor­nare sui suoi passi affermando che «Il nostro compito da raggiungere è la ricostruzione del­l'Afghanistan. Se per raggiunge­re questo obiettivo ci chiedesse­ro (la Nato) maggiore impegno, avremmo di valutare che impe­gno ci chiedono». E allora? «Quando si tratterà di valutarlo lo faremo senza preconcetti: non c'è un no preconcetto, non c'è un sì preconcetto...». Così il sibillino titolare della Difesa.


Romania

«Attraverso la cooperazione con le autorità italiane non consenti­remo che i rumeni onesti in Italia siano lesi e che nascano senti­menti antirumeni e xenofobi nella Penisola». Così il ministro della Difesa di Bucarest, Teodor Melescanu. Sull'onda dei fatti di cronaca, si riaccende la polemica tra Roma e Bucarest, da cui arriva­no accuse di xenofobia. L'equili­brio diplomatico, già fragile, ri­schia di saltare sulla questione dei campi Rom e, soprattutto, sulle eventuali espulsioni di im­migrati. Il neosindaco di Roma Alemanno: il Sunday Times affer­ma che Alemanno vuole espellere 20mila «criminali» stranieri. Il neosindaco spiega al giornale in­glese: «Dobbiamo mettere que­sta gente sugli aerei che li riportino a casa, ma abbiamo bisogno dell'okay di Paesi come la Roma­nia, così lavoreremo su questo». Frena Frattini. «Espulsioni di massa non ci possono essere, è evidente - dice il ministro degli Esteri in una intervista alla tra­smissione Controcorrente di Sky -. Noi non vogliamo peggiorare i rapporti con la Romania...».


Spagna

I campi Rom bruciati «infiam­mano» i rapporti tra Madrid e Roma. Quei roghi indignano la vice premier spagnola Maria Te­resa Fernandez De La Vega che accusa l'Italia di razzismo. Frenetiche consultazioni diplomati­che che coinvolgono il titolare della Farnesina e il suo omologo spagnolo, Miguel Angel Moratinos, e poi la correzione: la vice premier non intendeva attacca­re il governo italiano... Sarà. Fat­to sta che la domanda del gior­nalista spagnolo alla De La Ve­ga, che ha fornito lo spunto per le dichiarazioni della vice pre­mier era però molto chiara e chiedeva un commento sulle misure allo studio in Italia: «Non condividiamo azioni che esaltano la xenofobia..», era la ri­sposta, estremamente chiara, della vice premier spagnola. Per il ministro dell'Interno italiano, Roberto Maroni (leghista) il ca­so è chiuso. Per il ministro per le Riforme e per il federalismo, Umberto Bossi (leghista), no. «Loro (gli spagnoli, ndr.) sono stati i primi a sparare sugli immi­grati, noi invece li abbiamo già qui e abbiamo il problema di metterli fuori», sentenzia il lea­der del Carroccio a margine del­la Festa della polizia a Varese.


Schengen

Frattini parla di una revisione, «rifare il tagliando» del Trattato di Schengen sulla libera circolazione in Europa. «La Commis­sione europea non ha intenzio­ne di promuovere né uno stu­dio né una qualsiasi iniziativa per la revisione o la modifica del­le regole di Schengen», replicano seccamente da Bruxelles.


l’Unità (18 maggio 2008)

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