IL CASO Dal nuovo caso Calderoli all'incidente diplomatico con Madrid: l'Italia e i suoi nuovi fronti di crisiLibia, Afghanistan, Romania, Spagna... Silvio IV, un mese vissuto pericolosamente
di Umberto De Giovannangeli / Roma
Libano. Libia. Afghanistan. E ancora: Romania. Spagna, passando per Schengen... Gaffes a ripetizione. Uscite «muscolari» subito seguite da imbarazzanti dietrofront. Crisi diplomatiche evitate in extremis. Ministri che calzano l'elmetto salvo poi ritirarsi in buon ordine in «fureria», Il titolare della Farnesina che. dalle Ande è costretto a mettere una pezza ad una velenosa polemica fra Madrid e Roma. E sullo sfondo, alcuni tra i più autorevoli quotidiani o settimanali internazionali che raccontano, tra il preoccupato e l'indignato, di campi Rom dati alle fiamme e di un governo che «alimenta pulsioni razziste e xenofobe». Un vero record. Un triste record. In poche settimane, la nuova maggioranza di centrodestra e il governo di cui è espressione sono riusciti a incrinare l'immagine dell'Italia sullo scenario internazionale.
Libano
Ritirarsi dalla missione Unifil (Antonio Martino). Neanche per idea: si resta (Franco Frattini)... Sì, però dovremmo contrastare frontalmente i terroristi di Hezbollah (Fiamma Nirenstein). Un attimo: Hezbollah è un partito politico presente in Parlamento (ancora Frattini). Sul Libano «abbiamo votato la missione, ma non eravamo d'accordo sulle regole d'ingaggio che cambieremo se avremo responsabilità di governo»: Silvio Berlusconi in campagna elettorale. «Parlare di regole d'ingaggio da modificare quindi è inutile e può essere anche dannoso perché può indurre Hezbollah ad una maggiore tensione senza giustificazione ed accrescere il pericolo. Quindi non cambieremo le regole d'ingaggio», Ignazio La Russa, neo ministro della Difesa. Il caos continua...».
Libia
L'eventualità, poi divenuta realtà, della nomina del leghista Roberto Calderoli a ministro potrebbe avere «ripercussioni catastrofiche nelle relazioni tra l'Italia e la Libia»: così il figlio del leader libico Muammar Gheddafi, Saif El Isiam. Il mondo politico italiano è compatto nel rigettare questa indebita intrusione negli affari interni del nostro Paese. Ma il Cavaliere si rende conto che tra il Libano, il caso-Calderoli, si rischia una frattura con i Paesi arabi. E corre ai ripari. Cerca di convincere Umberto Bossi a recedere da inserire Calderoli nella squadra di governo. Inutilmente. Calderoli chiede scusa alla Libia: non rimetterei più la maglietta «anti-islamica»... Polemica chiusa? Manco per idea. L'attività diplomatica per ricucire i rapporti tra Roma e Tripoli rischia di essere rimessa in discussione da Bossi che, alla domanda dei giornalisti sui libici che non avrebbero collaborato con l'Italia sull'immigrazione, risponde tuonando: «Sono loro che li mandano», ma «bisogna rimandarli indietro quando li vedi con il satellite». Aggiungendo poi che «la lingua di Gheddafi è sempre stata lunga»....
Afghanistan
In campagna elettorale diversi esponenti del centrodestra avevano denunciato l'«imboscamento» dei nostri soldati impegnati nella missione Isaf voluto dal governo di centrosinistra. L'ex titolare della Farnesina, Massimo D'Alema, veniva dipinto come un filo-talebano. Sulla scena irrompe Ignazio La Russa. Il neo ministro della Difesa prima afferma di non avere preconcetti anche a «una missione di guerra», salvo poi ritornare sui suoi passi affermando che «Il nostro compito da raggiungere è la ricostruzione dell'Afghanistan. Se per raggiungere questo obiettivo ci chiedessero (la Nato) maggiore impegno, avremmo di valutare che impegno ci chiedono». E allora? «Quando si tratterà di valutarlo lo faremo senza preconcetti: non c'è un no preconcetto, non c'è un sì preconcetto...». Così il sibillino titolare della Difesa.
Romania
«Attraverso la cooperazione con le autorità italiane non consentiremo che i rumeni onesti in Italia siano lesi e che nascano sentimenti antirumeni e xenofobi nella Penisola». Così il ministro della Difesa di Bucarest, Teodor Melescanu. Sull'onda dei fatti di cronaca, si riaccende la polemica tra Roma e Bucarest, da cui arrivano accuse di xenofobia. L'equilibrio diplomatico, già fragile, rischia di saltare sulla questione dei campi Rom e, soprattutto, sulle eventuali espulsioni di immigrati. Il neosindaco di Roma Alemanno: il Sunday Times afferma che Alemanno vuole espellere 20mila «criminali» stranieri. Il neosindaco spiega al giornale inglese: «Dobbiamo mettere questa gente sugli aerei che li riportino a casa, ma abbiamo bisogno dell'okay di Paesi come la Romania, così lavoreremo su questo». Frena Frattini. «Espulsioni di massa non ci possono essere, è evidente - dice il ministro degli Esteri in una intervista alla trasmissione Controcorrente di Sky -. Noi non vogliamo peggiorare i rapporti con la Romania...».
Spagna
I campi Rom bruciati «infiammano» i rapporti tra Madrid e Roma. Quei roghi indignano la vice premier spagnola Maria Teresa Fernandez De La Vega che accusa l'Italia di razzismo. Frenetiche consultazioni diplomatiche che coinvolgono il titolare della Farnesina e il suo omologo spagnolo, Miguel Angel Moratinos, e poi la correzione: la vice premier non intendeva attaccare il governo italiano... Sarà. Fatto sta che la domanda del giornalista spagnolo alla De La Vega, che ha fornito lo spunto per le dichiarazioni della vice premier era però molto chiara e chiedeva un commento sulle misure allo studio in Italia: «Non condividiamo azioni che esaltano la xenofobia..», era la risposta, estremamente chiara, della vice premier spagnola. Per il ministro dell'Interno italiano, Roberto Maroni (leghista) il caso è chiuso. Per il ministro per le Riforme e per il federalismo, Umberto Bossi (leghista), no. «Loro (gli spagnoli, ndr.) sono stati i primi a sparare sugli immigrati, noi invece li abbiamo già qui e abbiamo il problema di metterli fuori», sentenzia il leader del Carroccio a margine della Festa della polizia a Varese.
Schengen
Frattini parla di una revisione, «rifare il tagliando» del Trattato di Schengen sulla libera circolazione in Europa. «La Commissione europea non ha intenzione di promuovere né uno studio né una qualsiasi iniziativa per la revisione o la modifica delle regole di Schengen», replicano seccamente da Bruxelles.
l’Unità (18 maggio 2008)
Nessun commento:
Posta un commento